Skip to main content

Oggi andiamo ad affrontare il delicato tema della preparazione fisica ottimale per la corsa.

Preciso fin da subito che vedremo insieme gli esercizi di base per affrontare la corsa svolta a livello amatoriale. Non entrerò nello specifico in chi deve prepararsi per competizioni agonistiche che riguardano gare di media o lunga distanza,come la maratona o discipline che coinvolgono anche altre attività di resistenza ciclica come il triathlon o Iron man.

La corsa sembra una cosa così banale ma dietro questo gesto apparentemente semplice si nascondono molti concetti.

La corsa racchiude temi filosofici, biomeccanici, biologici, psicologici.

Insomma, si potrebbe scrivere un trattato vero e proprio.

PERCHE’ SI INIZIA A CORRERE?

Ognuno ha i suoi obiettivi, ma mi sono reso conto che spesso il motivo per cui si inizia è lo stesso per tutti: mantenersi in forma.

Iniziano le prime pancette, le prime avvisaglie del tempo che passa, dei tessuti che si lasciano andare.

Ecco quindi che le scarpe da ginnastica abbandonate in un angolo oscuro dello sgabuzzino diventano le protagoniste delle nostre giornate e si inizia a correre.

Il primo giorno, anche se armati di pazienza e determinazione, risulta spesso una tragedia:

è già tanto se si riesce a correre per 5’ di fila. In seguito si arriva a correre 30’, poi 40’ e poi un’ora.

COME PROCEDERE?

L’asticella dei propri limiti comincia a salire e si inizia a cercare gare minori cui partecipare.

Dopo anni alcuni aspirano alla maratona.

Ed è proprio qui che iniziano i problemi: gli infortuni.Facciamo un passo indietro. Quando si inizia a correre è importante non solo pensare alla resistenza e al fiato, ma anche a predisporre la “struttura corpo” a un certo tipo di lavoro.

Il carico del peso viene infatti raddoppiato nel momento in cui il piede atterra (in alcuni casi, come ad esempio la discesa, viene anche triplicato).

È facile intuire che se la tecnica non è quella corretta il rischio di farsi male è elevato. Possiamo paragonare la situazione a quella di avere una macchina che non frena bene: se il corpo ha retto fino a quel punto è perché i carichi di lavoro erano limitati ed è riuscito ad ovviare a disastri.

Se però si inizia a caricare più del dovuto senza usare una tecnica corretta il corpo va in “crack”. Ecco perché, mediamente, un runner si infortuna dopo circa un anno e mezzo di allenamento.

Ecco quindi una serie di aspetti da considerare quando si inizia a correre:

  1. La biomeccanica del piede 
  2. Il preatletismo ovvero l’allenamento del piede;
  3. I fondamenti dell’allenamento per iniziare;
  4. Le fasi di recupero;

LA BIOMECCANICA DEL PIEDE

La principale differenza tra corsa e camminata risiede nel fatto che correre prevede una fase di volo, un momento cioè in cui tutti e due i piedi sono staccati da terra, con conseguente successiva fase di atterraggio.

Nella camminata, invece, abbiamo almeno un piede che tocca sempre terra per cui la presa di contatto al suolo si definisce appoggio.

È un passaggio molto importante che tutti i runner devono conoscere:

la biomeccanica dell’atterraggio è infatti totalmente diversa da quella dell’appoggio.

Nella camminata, l’appoggio del piede avviene molto avanti rispetto al baricentro e prevede un anticipo del tallone, conseguente presa di contatto della parte esterna fino al quinto metatarso dietro al mignolo. A questo punto il piede prona e prende contatto il primo metatarso posto dietro l’alluce.

In seguito le dita prendono contatto con il suolo, per poi flettersi e andare all’appoggio successivo.

Questo movimento si chiama “rullata” ed è specifico e caratteristico della camminata. Nella corsa, invece, il piede prende contatto quasi sotto al baricentro con anticipo della parte anteriore, zona del metatarso, e successivo appoggio del tallone.

La seconda differenza è relativa alla frequenza di passo, molto più elevata nella corsa rispetto alla camminata.

Parliamo all’incirca di 120/130 appoggi al minuto nella camminata, contro i 170/180 che dovremmo tenere nella corsa.

Per questo motivo, tra i due schemi motori esiste una grande differenza relativa a come viene recuperato e portato in avanti l’arto che è rimasto indietro.

Nella camminata la gamba pendola in atteggiamento lungo con fulcro del movimento nell’articolazione dell’anca, mentre nella corsa per prima cosa l’arto inferiore viene flesso al ginocchio per accorciarne la lunghezza e permettere un movimento più rapido di richiamo in avanti (leva più corta = momento angolare più vantaggioso) in funzione del successivo appoggio.

Un’ulteriore differenza tra corsa e camminata è relativa alle forze messe in campo:

la corsa è basata sulla spinta mentre la camminata sulla caduta del baricentro.

Per questo motivo la camminata è molto più economica, in quanto la maggior parte del lavoro viene fatto sfruttando la forza di gravità, invece la corsa è basata su un lavoro in parte contro gravitazionale.

Queste differenze fanno si che le varie parti del corpo (articolazioni, muscoli e tendini) lavorino in modo diverso e molto specifico a seconda del tipo di movimento che portiamo avanti.

Ovviamente la parte del corpo più importante, e dove si manifestano le maggiori differenze, sono i piedi.

Nella corsa, i piedi si trovano a dover gestire in rapida successione una fase di ammortizzazione e una fase di spinta.

Parliamo di “rimbalzo” in riferimento ad un meccanismo che prevede un atterraggio e un successivo, rapido, distacco dal suolo.

La caratteristica più peculiare della corsa umana è quindi l’arte di rimbalzare, una delle qualità motorie che ogni runner dovrebbe allenare.

Questo vuol dire lavorare fondamentalmente su due parametri:

  1. Flessibilità articolare. Principale obiettivo da raggiungere sia dal punto di vista delle prestazioni sia dal punto di vista di acquisizione di una tecnica sana, e quindi non traumatica.
  2. Reattività neuro-muscolare. La mobilità delle articolazioni e la flessibilità dell’apparato muscolo-tendineo sono di primaria importanza non solo per il piede, ma per tutti i distretti sia degli arti inferiori sia del rachide.

Siamo quindi arrivati ad una considerazione molto importante:

la necessità di allenare globalmente e in modo organico il nostro corpo perché, diversamente da quanto solitamente si pensa, la corsa è un’attività che coinvolge sistematicamente tutto l’organismo sia a livello di apparato locomotorio sia per quanto riguarda l’apparato cardio-circolatorio e respiratorio.

Qui sotto vi lascio un link di un mio precedente articolo,dove analizzavo alcuni degli esercizi indicati per migliorare la mobilità della caviglia.

Non sono solo propedeutici per il miglioramento delle alzate con bilanciere,ma anche qualora vi servissero per sbloccare caviglie rigide per praticare la vostra attività preferita all’aria aperta.

MIGLIORA LA TUA MOBILITA’ PER LO SQUAT E L’OVERHEAD SQUAT

 

IL PREATLETISMO

Chi inizia a correre, e anche chi corre da anni, raramente si dedica all’allenamento del piede e della muscolatura impegnata nella corsa.

L’errore più comune in cui incorrono i runner, soprattutto quelli amatoriali, è di tralasciare la fase di preparazione alla corsa, iniziando subito l’allenamento.

Questo comportamento non solo causa il precoce logorio delle scarpe da corsa, ma anche infortuni come l’infiammazione alla bandelletta iletibiale, la periostite, i dolori al ginocchio, la pubalgia, la sindrome degli humstring (infiammazione della parte posteriore della coscia):

Tutti problemi che partono dall’atterraggio sbagliato del piede.

Il pensiero comune, e purtroppo errato, è questo:

“Mi fa male il ginocchio, compro scarpe più ammortizzate”.

Cambiare scarpe può effettivamente migliorare la condizione, perché la nuova calzatura ammortizza il colpo, tuttavia non è la soluzione.

Il preatletismo è una fase cruciale dell’allenamento, che serve per rendere più attivo il piede, la muscolatura degli arti inferiori e superiori, i tendini e i legamenti aumentando la percezione del proprio corpo al fine di arrivare a correre più velocemente.

Con il termine ci riferiamo infatti a una serie di esercizi che preparano il sistema neuro-muscolare dell’atleta all’allenamento, che sia esso di costruzione (nel caso di atleti giovani e inesperti) o di prestazione (specifico per atleti maturi e finalizzato al miglioramento della prestazione).

Un allenamento di preatletismo prevede due fasi:

  • una fase generale, che comprende 15 minuti di corsa lenta, stretching ed esercizi utili al potenziamento di addominali dorsali, glutei, quadricipiti, hamstring ecc..
  • una fase specifica, in cui più serie di andature diverse permettono al corridore di arrivare pronto all’allenamento vero e proprio.

Di seguito riporto alcuni degli esercizi principali praticati nella fase di preatletismo generale:

  • Molleggi lenti e veloci su due arti e su un arto alla volta. Per ogni tipologia di molleggio è consigliata una serie da 30/40 ripetizioni. Segue atterraggio di avampiede e secondo atterraggio di tallone.
  • Andature con piegate delle gambe e busto eretto. Si consigliano due serie (una per gamba) da 20/30 ripetizioni l’una.
  • Balzi simultanei (anche detti “di rana”). Si consiglia una serie da 10 balzi massimo.
  • Piegamenti sulle braccia con gambe flesse o, se troppo pesante, con ginocchia piegate. Si consigliano due serie da 10 piegamenti l’una.
  • Addominali classici. Si consigliano tre serie da 15 ripetizioni l’una.
  • Andatura saltellata con flessione alternata delle cosce. Si consigliano due serie da 30 flessioni l’una.

Per quanto riguarda la fase di preatletismo specifico, ecco una lista delle principali andature consigliate:

  • Serie di saltelli: alternati su un piede; in avanzamento a piedi uniti; alternati con l’incrocio dei piedi; alternati in divaricata.
  • Corsa: a gambe tese in avanti con rimbalzo del piede; laterale e laterale incrociata; laterale incrociata con ginocchia alte; all’indietro; passo e stacco in avanti; skip e calciata veloce; balzata ampia.
  • Serie di balzi: successivi con una gamba sotto l’altra; con richiamo ginocchia al petto; alternati.
  • Skip lungo e skip corto.
  • Trottata.

Si tratta di esercizi utili per lo sviluppo della sensibilità propriocettiva e della capacità di combinazione motoria.

Inserire brevi fasi di recupero tra una serie di esercitazioni e l’altra è fondamentale, così come importante è giocare con l’intensità e la velocità di esecuzione che deve essere sempre in crescendo.

I TEMPI DI RECUPERO

tempi di recupero non sono gli stessi per tutti ma dipendono da variabili che possono essere anche molto diverse tra un soggetto e un altro.

Conoscere la “storia” dell’atleta è quindi fondamentale per poter stabilire quale soluzione è la più adeguata.

Le differenze più evidenti nelle fasi di recupero sorgono, come è lecito immaginare, tra runner che si trovano a livelli di preparazione differenti.

Parlo quindi di professionisti e di corridori amatoriali.

E’ bene anche distribuire i carichi in modo da alternare allenamenti di maggiore intensità ad allenamenti più blandi.

Ricordiamoci che il riposo fa parte dell’allenamento e, come tale, va inserito nella programmazione settimanale, mensile e globale. In linea generale, quindi sia nei microcicli sia nei mesocicli che nei macrocicli di allenamento.

Un runner di livello medio-alto può dedicarsi ad un riposo attivo o assoluto.

Con il termine riposo attivo ci riferiamo ad alcune sessioni di corsa blanda da alternare ad un allenamento volto principalmente al miglioramento della performance.

Questi momenti sono utilissimi per l’atleta che deve sfruttarli per ossigenare i muscoli ed espellere le scorie prodotte nella fase più intensa dell’allenamento.

Il riposo assoluto è tuttavia consigliato anche a questa categoria di runner, proprio perché è solo con lo “stop” totale che sarà possibile mettere in campo nuove energie per migliorare.

Nel caso di running amatoriale, invece, è consigliabile alternare un giorno di allenamento ad un giorno dedicato al riposo completo. Questo perché l’obiettivo di base è differente.

 IL RUOLO DEL RIPOSO NELLA PREVENZIONE DEGLI INFORTUNI

L’importanza della fase di recupero va letta anche sotto un altro piano.

Il riposo è infatti alla base della prevenzione agli infortuni cui ogni runner è soggetto e che, in buona percentuale, avvengono a causa di un sovraccarico, di uno sforzo eccessivo rispetto alle possibilità individuali. È il caso di atleti che portano avanti, incuranti delle conseguenze, volumi di allenamento esagerati o allenamenti intensivi in condizioni non ottimali.

Imparare a conoscere il proprio corpo con relativi limiti e potenzialità, aiuta enormemente in tal senso.

È il nostro corpo che ci guida attraverso l’attività sportiva e che, puntuale, ci chiede di fermarci quando è il momento, permettendoci, se ascoltato, di raggiungere ogni nostro traguardo.

ESERCIZI DI POTENZIAMENTO MUSCOLARE DI BASE

Esistono infinite esercitazioni per migliorare il condizionamento muscolare e articolare anche semplicemente sfruttando la comodità dello spazio di casa vostra.

Vi propongo qui alcuni degli esercizi più famosi:

LO SQUAT

SQUAT JUMP

AFFONDI IN AVANTI

BULGARIAN SQUAT

BURPEES

DEAD BUG

PLANK SUI GOMITI

LATERAL MINI BAND WALK

 

CONCLUSIONI

Quelli che vi ho presentato sopra,sono solo alcuni degli esercizi di potenziamento che potete svolgere per ambire ad un dignitoso condizionamento atletico aspecifico.

Parlo di aspecificità, perchè come sempre, senza un allenamento specifico,non otterrete mai il 100%.

Ricordiamoci sempre però che una buona preparazione atletica si pone alla base della piramide per evitare spiacevoli infortuni o stallo dei progressi dei nostri workout.