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LE BASI DEL MOVIMENTO E COME RENDERLO VERAMENTE EFFICACE SEGUENDO I PRINCIPI DELL’ALLENAMENTO SPORTIVO

Partiamo dalla definizione di “funzione”. Funzione è un sostantivo che definisce lo scopo, il motivo per cui qualcosa o qualcuno è stato costruito, creato o si è evoluto. Prendendo in considerazione questa definizione è strabiliante osservare come in realtà il nostro corpo è veramente il risultato di un’evoluzione ottenuta nel corso di migliaia e migliaia di anni per dar vita ad un profondo cambiamento. La perfetta sincronizzazione dell’attività degli organi e sistemi che agiscono in maniera più efficiente di qualsiasi computer al mondo, creano così delle funzionalità uniche. Il cervello è la centrale operativa da cui tutto si ricollega e tutto parte. L’apparato locomotore è la nostra carrozzeria: la struttura che permette al nostro corpo di muoversi e relazionarsi nello spazio esterno.

Alcuni fattori molto sottovalutati, ma importantissimi, sono legati al movimento:

  • Il nostro cervello ha due obiettivi primari: SOPRAVVIVENZA e MOVIMENTO.
  • L’apparato locomotore fatto di tendini, muscoli, ossa e legamenti per auto-mantenersi ha bisogno di movimento.
  • I nostri sistemi endogeni senza movimento tendono a deprimersi e chiudersi limitando la propria funzionalità.
  • Il movimento è espansione nervosa, motoria, sensoriale.

Gray Cook

Il movimento è la migliore forma di manutenzione che noi possiamo fare per il nostro corpo.

Partendo da questi presupposti, possiamo pensare che ogni tipo di movimento è salutare e benefico?

La risposta è solo in parte “si”.

L’individualità e altri mille fattori influiscono sulla corretta scelta dell’esercizio fisico e possiamo notare che fortunatamente l’attenzione posta negli ultimi anni su alcune grandi lacune dell’allenamento sportivo e per il fitness hanno dato vita alla creazione di numerose scuole di pensiero standardizzate su precisi concetti. Una sicuramente interessante, seguita oltretutto da solide basi scientifiche, si è dimostrata essere quella del “Functional Training” o allenamento funzionale.

L’allenamento funzionale è stato creato da Michael Boyle, ispirato dall’allenamento integrato da Gray Cook e dal suo famoso FMS,(Functional Movement System),con l’obiettivo di prevenire gli infortuni, recuperare dagli stessi e ottimizzare la performance sportiva.

Allenamento

Questa premessa è fondamentale per capire quanto siano fuori strada tutti quei concetti basati su allenamenti massacranti a esaurimento, suggestivi, ma non strutturati metodologicamente.

I famosi “Circuit Training” o allenamenti a circuito con più stazioni di esercizi, non sono assolutamente un termine che esprime analogie con il funzionale.

A questo proposito, perché lavorare solo con dei circuiti?

Perché non inserire dei lavori di forza?

Perché non creare delle solide basi dei principali movimenti insegnando la corretta coordinazione intermuscolare e intramuscolare?

Perché non insegnare il controllo sulla catena estensoria dell’anca, sul cingolo scapolo omerale o sulla fascia addominale?

Dopo alcune di queste domande è facile aprire la parentesi in un mondo che confina nelle attività di preparazione atletica e prevenzione più svariate presenti in circolazione. Di fatto la risposta a queste domande è estremamente semplice. Possiamo implementare tutto in un metodo o terapia prestabilita per un atleta, persona sedentaria o infortunata, a patto che si usino i principi che da sempre fanno parte dell’allenamento sportivo.

Lo scopo principale dell’allenamento, dal punto di vista medico, non è il raggiungimento di una data prestazione, ma realizzare il processo di adattamento che permette al fisico di sostenere i carichi di lavoro senza incorrere in traumi e infortuni. Questo processo è possibile perché il corpo umano è in grado di reagire agli stimoli esterni e automodificarsi in modo da produrre una reazione più appropriata. Ciò lo differenzia da un sistema meccanico (un motore), che invece non è in grado di adattarsi, ovvero di modificarsi. Però il corpo umano limita le sue capacità di adattamento reagendo solo a particolari stimoli, non a tutti. Essi sono in grado di sollecitare i meccanismi biologici che permetto al corpo di adattarsi.

Tali meccanismi sono innescati in base ad alcuni principi basilari: il sovraccarico, la progressione, la specificità, gli effetti incrociati e inversi, l’interferenza e il riposo.

Analizziamoli singolarmente:

A)Principio di sovraccarico

Se una parte del corpo umano viene sollecitata in maniera maggiore rispetto alla normale attività, si realizza il sovraccarico: per esempio, correndo, la frequenza cardiaca si alza rispetto a quella a riposo. Le alterazioni indotte dal sovraccarico permettono di allenare il corpo, migliorando l’adattamento.

B) Principio della progressione

Questo principio è diretta conseguenza del precedente: una volta che il corpo si è adattato al nuovo carico, occorre aumentare lo sforzo effettuato, aumentando durata, intensità o frequenza di allenamento. Si deve quindi attuare una progressione, possibilmente in modo graduale per dare il tempo e l’opportunità al corpo di adattarsi al nuovo sovraccarico. La progressione dipende anche dal livello di partenza dello stato fisico dell’atleta, ovvero dal suo livello di fitness.

Si è inoltre osservato che gli effetti del sovraccarico, ovvero l’adattamento del corpo, si attuano nei periodi di recupero tra una seduta di allenamento e la successiva.

I processi di adattamento sono bloccati se i periodi di recupero sono troppo brevi. Facendo seguire a una fase di sovraccarico una di recupero e una diminuzione del sovraccarico si realizza un ciclo di allenamento ottimale che evita infortuni e permette al corpo di mettere in pratica i meccanismi dell’adattamento.

C) La specificità

Una cosa che deve esser chiara nell’allenamento è lo scopo che si vuole raggiungere.

Discipline diverse impiegano distretti muscolari diversi, e solo quelli coinvolti saranno oggetto del sovraccarico. Nell’ambito della stessa disciplina, per esempio la corsa, si possono osservare effetti di specificità: la capacità aerobica coinvolge solo i muscoli interessati, mentre l’attività anaerobica ha maggior effetto sul muscolo cardiaco e sui parametri del sangue. La corsa di resistenza, pur introducendo un guadagno generale a livello cardiovascolare, ha sempre un effetto confinato ai muscoli coinvolti. Un allenamento anaerobico per la corsa ha effetto minimo sul nuoto e viceversa. La specificità è anche evidente negli esercizi di ginnastica: una serie di contrazioni muscolari isotoniche permettono di guadagnare forza solo per il valore di angolazione dell’articolazione interessata dall’esercizio.

D) L’effetto inverso

Se l’allenamento viene interrotto, i miglioramenti conseguiti si perdono nel tempo. Questo fatto è ben noto ai runner, al punto che alcuni sono terrorizzati anche all’idea di perdere una sola seduta di allenamento. In realtà l’effetto inverso si manifesta in modo complesso e soprattutto l’effetto inverso dipende anche dal grado di allenamento raggiunto al momento dello “stop”, quindi le sue conseguenze sono difficilmente quantificabili perché soggettive.

Tuttavia è possibile stimare approssimativamente l’effetto inverso indicando dei valori medi: se dopo 25 settimane l’allenamento si interrompe, la perdita di forza negli arti è circa 0,3-1% al giorno per un’attività da sedentario, fino al 5% se l’arto rimane immobilizzato. La velocità di decrescita della forza muscolare non è costante, ma è massima nella prima settimana, decresce più lentamente tra 4 e 6 settimane, quindi rimane costante. L’effetto inverso coinvolge anche grandi campioni che presentano parametri di prestazioni eccezionali.

E) L’interferenza

Tipi di allenamento diversi possono andare in conflitto tra loro, interferendo nella realizzazione dell’adattamento: se si vuole allenare contemporaneamente forza e resistenza, gli effetti saranno minori di quanto invece non si avrebbe se i due tipi di allenamento fossero effettuati da soli. Il corpo umano quindi reagisce meno efficacemente se sottoposto a stimoli diversi, come se le due tipologie di allenamento interferissero tra loro (da qui il termine). Allenarsi per la resistenza può interferire con l’allenamento volto a incrementare velocità e potenza. Se le tipologie di allenamento vengono effettuate in periodi messi in serie tra loro (uno dopo l’altro) si può diminuire o annullare l’effetto dell’interferenza, però purtroppo si innesca l’effetto inverso, cioè il deallenamento di quella tipologia che viene abbandonata a favore della nuova.

L’interazione fra interferenza ed effetto inverso è particolarmente importante e una sua cattiva interpretazione è alla base di molti insuccessi di tabelle di allenamento che non tengono praticamente conto che è impossibile massimizzare in assoluto parametri che fisiologicamente sono comunque in controtendenza (per esempio velocità e resistenza).

Schema riassuntivo

CONCLUSIONI

Seguendo questi principi storici, qualunque allenatore avrà il compito con la sua abilità di creare allenamenti e periodizzazioni che con il Funzionale si sposano benissimo. Unire la conoscenza in questi ambiti implementando al contempo i parametri che hanno dato nuova linfa alla riscoperta del movimento del corpo, sarà l’arma vincente.

Spero che questo articolo via abbia dato dei consigli utili per la vostra salute e per la vostra felicità, se avete dubbi o domande lasciate pure un commento o contattatemi attraverso la sezione Contattami, ciao alla prossima.