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Il calcio seppur sia uno sport che non ho mai praticato in prima persona mi ha sempre affascinato per la sua capacità innata di essere un’attività estremamente aggregante e stimolante,non solo per i bambini,ma per un pò tutte le fasce d’età. Proprio per questo ho deciso di approfondire una tematica riguardante la preparazione fisica che viene svolta al giorno d’oggi dai giocatori ,negli aspetti rivolti al professionismo. Oggi l’allenamento del calcio è visto in maniera estremamente complessa, perchè la ricerca in ambito prestativo in questo sport può contare su risorse notevoli. Gli aspetti che osserviamo maggiormente riguardano non solo parametri tecnici,fisici ma anche tattici,fisiologici e mentali.

ALCUNI DATI STATISTICI SULLA PERFORMANCE NEGLI ATLETI DI ALTO LIVELLO

Gli atleti di alto livello percorrono circa 10-12 km per incontro,con una diminuzione della prestazione nel secondo tempo del 5%-10%.

La distanza differisce notevolmente tra i giocatori ed è parzialmente correlata alla posizione in squadra. Mediamente ogni sprint avviene ogni 90 secondi,con una durata media di 4-5 secondi. Gli sprint costituiscono fino all’ 11% della distanza percorsa durante la partita,con cambi di direzione ogni 4-6 secondi.

I giocatori di centrocampo corrono ad una velocità più bassa dei difensori e degli attaccanti,mentre non sembra esserci differenza tra i gruppi quando si confronta la distanza percorsa ad altà velocità,che è la stessa all’inizio come alla fine di una partita.

Forza,potenza e resistenza sono strettamente collegate alle prestazioni e al grado di efficienza dell’atleta. Durante i 90 minuti il giocatore mantiene le frequenze cardiache ai valori di soglia anaerobica,cioè vicine all’85% del HRmax e al 75% del VO2max. Il calciatore deve essere in grado di ripetere i gesti alle alte intensità con recuperi incompleti.

La capacità aerobica dei giocatori è aumentata significativamente a partire dagli anni 80′ e la soglia anaerobica si è spostata a livelli più vicini agli sport di endurance,ovvero tra il 76 % e il 90 % del HRmax.

L’HIIT NEL CALCIOR

Nel somministrare un allenamento basato sull’allenamento intervallato ad alta intensità, occorre innanzitutto valutare le risposte fisiologiche acute al tipo di allenamento prescritto. Molti fattori determinano le risposte fisiologiche all’HIIT, tra cui, gli adattamenti a lungo termine ricercati, il profilo dell’atleta, il modello prestativo e fisiologico dello sport-specifico, la periodizzazione e soprattutto il carico metabolico e/o neuromuscolare ricercato. La comprensione di questi fattori è fondamentale per gli adattamenti fisiologici a lungo termine e i relativi miglioramenti di performance auspicati.

Sarà poi la reiterazione nel tempo dell’allenamento e la sua giusta periodizzazione (nelle modalità e tempi giusti) a creare gli adattamenti a lungo termine, che negli sport di squadra, come il calcio, devono essere ricercati tenendo presente la miriade di richieste metaboliche, neuromuscolari e cognitive degli allenamenti e partite. Nel calcio, non si richiede di avere un picco di performance in un momento preciso ma mantenere più costante possibile la stessa durante l’anno, evitando gli infortuni e tenendo più o meno sullo stesso livello di “forma fisica” tutti i calciatori, titolari e riserve.

LE VARIABILI DELL’HIIT

Le variabili da manipolare per la creazione di una sessione di allenamento di HIIT sono almeno nove (Buchheit M, 2005; Buchheit M, Laursen PB, 2013). La loro manipolazione permette di ottenere risposte fisiologiche in acuto differenti (con conseguenti adattamenti a lungo termine). Gestire ogni variabile in modo isolato, ove possibile, produce un impatto diretto sulle risposte metaboliche, cardiopolmonari e neuromuscolari; mentre la manipolazione congiunta di diverse variabili genera una risposta all’allenamento meno prevedibile, per la stretta interrelazione tra le variabili (Buchheit M, Laursen PB, 2013). Le nove variabili da considerare nella prescrizione di un allenamento HIIT sono:

  • Durata della fase di lavoro;
  • Intensità della fase di lavoro;
  • Durata della fase di recupero;
  • Intensità della fase di recupero;
  • Numero di ripetizioni;
  • Numero di serie;
  • Durata del recupero tra le serie;
  • Intensità del recupero tra le serie;
  • Modalità d’esercizio.

Queste variabili sono come i pezzi di un puzzle, frammenti che uniti insieme determinano la corretta rappresentazione di una figura (nel nostro caso l’allenamento).

PRESCRIVERE L’INTENSITA’ DI LAVORO E DI RECUPERO

L’intensità di lavoro può essere prescritta e valutata in base ai parametri di carico interno relativi alla frequenza cardiaca (%FCmax o %FCreserve), RPE (percezione dello sforzo). Altri parametri come lattato ematico e VO2 sono da considerarsi approcci più laboratoriali, quindi meno applicabili sul campo per costi e capacità di utilizzo delle apparecchiature.

Sia la frequenza cardiaca sia la percezione dello sforzo, hanno pregi e difetti, che potremmo riassumere come segue:

  • Frequenza cardiaca:
    • Pregi: valutazione diretta e abbastanza precisa del carico interno;
    • Difetti: per le esercitazioni medio – lunghe (1-2 min) e soprattutto molto corte (<30 sec) non stima adeguatamente l’intensità d’esercizio per la dissociazione temporale tra HR, VO2, lattato ematico e output di lavoro durante le sessioni di HIIT (Buchheit M, Laursen PB, 2013). E’ stato visto che diverse tipologie di sessioni di HIIT possono determinare una risposta cardiaca media simile ma con un livello di lattato ematico maggiore nelle esercitazioni generiche e velocità di corsa differenti negli small sided games (Seiler S, Sjursen JE, 2004) e quindi un carico differente.
  • RPE (Rate of Perceived Exertion)
    • Pregi: è un metodo semplice e versatile, che permette agli atleti (dopo la familiarizzazione con la scala) di autoregolare l’intensità dell’esercizio e ai coach di prescrivere l’allenamento comunicando all’atleta di mantenere un determinato valore della scala (inteso come percezione dello sforzo) durante la fase di lavoro e/o recupero (solitamente la fase di lavoro si svolge a un valore maggiore o uguale a 6 con la scala di Borg CR10);
    • Difetti: in alcuni casi potrebbe non permettere la manipolazione precisa delle variabili target per specifici adattamenti. Inoltre, alcuni studi suggeriscono che l’abilità di regolare o valutare l’intensità tramite la RPE può essere dipendente dallo stato di fitness, dall’età, dall’intensità dell’esercizio e dal gradimento dell’atleta (Groslambert A, Mahon AD, 2006; Garcin M et al., 2011; Garcin M et al., 2004; Cabanac ME, 2006).

Un’alternativa è l’esecuzione di test fisici per la prescrizione dell’allenamento. Buchheit e Laursen suggeriscono l’utilizzo del 30-15 Intermittent Fitness Test. Questo test è stato ideato per permettere all’atleta di raggiungere i valori massimi di frequenza cardiaca e VO2, provvedendo (contrariamente ai test per la VAM) a considerare la velocità di riserva anerobica (ASR), la capacità di reiterare sforzi ad alta intensità, le accelerazioni, le decelerazioni e l’abilità nei cambi di direzione. Da questo si evince come questo sia un test altamente specifico per gli sport di squadra come il calcio. Il valore del test da prendere in considerazione è la VIFT, ovvero la velocità finale raggiunta a fine test.

Un altro concetto, che ha ricevuto negli ultimi anni molto interesse da parte della comunità scientifica, è l’all-out. In termini pratici, consiste nell’effettuare sprint brevi o medi (non più di 45 secondi) alla massima velocità (o intensità) possibile. Quest’approccio permette di prescrivere l’allenamento senza test o attrezzature varie, ma richiede  un’adeguata familiarizzazione dell’atleta con il metodo ed è utilizzabile per allenamenti molto intensi (superiori al VO2max o che comunque stressino sempre al massimo l’atleta).

Invece, la fase di recupero, attiva o passiva va gestita in base all’obiettivo del training. Ad esempio, utilizzando lavori con intervalli brevi (≤ 30 secondi) è stato visto che per massimizzare il tempo trascorso al VO2max occorre svolgere un recupero attivo nel 30:30, mentre è indifferente nel 15:15 (Thevenet D et al., 2004 e 2008, Dupont G et al., 2004).

CONCLUSIONI

Come possiamo comprendere dalle numerose ricerche scientifiche e prove empiriche sul campo,il calcio è uno sport,che come tanti altri necessità di valutazioni sugli aspetti condizionali a 360° ,privi di improvvisazioni o forme di allenamento prive di senso.

Nel prossimo articolo spero di riuscire ad offrire una panoramica estesa delle applicazioni pratiche che tutta questa teoria ha permesso di sviluppare un pò alla volta in modo preciso e meticoloso.